Fare calcio ai tempi del Covid, seguire bambini e adolescenti in un percorso di crescita umana e sportiva tra limitazioni, chiusure e distanziamento.
Non è sicuramente uno dei momenti storici più belli per i più piccoli che amano giocare a palla e per gli adolescenti che iniziano a intravedere un piccolo futuro nel pallone. Dal 2020 infatti entrare in campo è un po’ a singhiozzio tra ripartenza, stop e riprese come sta accadendo in questi giorni.
Abbiamo cercato di capire come vivono le realtà sportive locali questa situazione e lo abbiamo fatto con Angelo Nicolò, presidente della Gladius Pescara Centro Tecnico AC Milan.
Presidenten un bilancio del 2021 della Gladius Pescara.
“Dal punto divista prettamente sportivo-sociale, aver ripreso le attività da aprile direi abbastanza positivo proprio in considerazione del ritorno a pieno regime anche dei campionati fino al mese scorso; a ciò aggiungo un aumento di iscritti nel mese di settembre alla scuola calcio. Una rinascita dunque dopo il buio del 2020 che ci ha visti fermi un’intera stagione. E poi, un 2021 che ci ha visti protagonisti, in quanto Centro Tecnico AC Milan, del ritorno in presenza dei corsi di formazione: lo scorso 9 novembre infatti siamo stati scelti dalla società rossonera quale sede per la ripresa. Un’occasione che ci dà il grande orgoglio di essere un punto di riferimento per la formazione territoriale considerando anche che, finora, dopo di noi tali eventi formativi si sono svolti solo a Roma”.
E per questo 2022 appena iniziato, cosa ti aspetti?
“Dal punto di vista sportivo mi auguro, dato il momento davvero delicato, di non essere costretti a chiudere di nuovo tutto nonostante la sospensione di alcuni campionati. Me lo auguro soprattutto per gli adolescenti, una fascia d’età complessa che hanno già subìto tanto in senso negativo finora; ecco, pensare di fermare di nuovo i loro campionati potrebbe essere dannoso sotto il profilo psicologico e non solo. La speranza dunque è quella di tornare a fare calcio, sport in libertà e spensieratezza. A livello societario invece, continuare a lavorare insieme all’AC Milan è la priorità; tra i progetti in tal senso si spera di tornare a organizzare la Milan Cup: tornei tra i Centri Tecnici AC Milan che si sono svolti fino al 2019, così come i Campus estivi che abbiamo dovuto cancellare causa Covid. Altro progetto che vorremmo riprendere è quello dell’educazione motoria nelle scuole, cosa ancora impossibile visto che nelle classi non è possibile ancora entrare. Insomma, tornare alla normalità sportiva per il bene dei bambini e dei nostri ragazzi”.
Quanta voglia avevano i ragazzi di tornare a giocare?
“C’è una distinzione da fare per fasce d’età: dai 5 agli 11 anni non vedevano l’ora giocare, è stata un’emozione per noi vedere di nuovo quella luce nei loro occhi; una voglia e una gioia che ha dato una spinta anche noi per la ripresa. Per gli adolescenti invece, non è stato così automatico e scontato il rientro in campo: fare calcio, stare con gli altri, è stato un processo davvero lento e, per quello che ho visto con i miei gruppi, un vero senso di libertà hanno iniziato a viverlo e sentirlo da fine agosto cioè all’inizio della stagione 2021/22. Non è stato dunque semplice riprendere, il lockdown l’hanno vissuto davvero come momento duro e complesso che ha portato anche a un maggiore abbandono dello sport e la ripresa delle attività; ho notato infatti una perdita dello spirito di squadra, della voglia di stare insieme ai loro compagni. E quello che mi dispiace di più è proprio questo: aver perso tempo alla nuova ricerca del concetto di squadra; il distanziamento e la solitudine di tanti mesi, nei ragazzi di 15/16 anni, ha portato dunque i ragazzi a restare chiusi in se stessi. Cosa ha scatenato ciò? La fatica di guardarti negli occhi, a parlare con gli altri, a condividere. Piccole cose ma grandi che hanno fatto e fanno ancora la differenza in un momento poi delicato della crescita dei ragazzi/e. Particolari che mi fanno riflettere parecchio sul periodo storico che stiamo vivendo”.
E quanto è stato ed è tuttora difficile gestire lo “spogliatoio” in piena emergenza Covid?
“Complesso è dire poco: muoversi tra protocolli, regole e norme da spiegare a genitori e applicare in quanto società, non è una passeggiata. Il problema è proprio la vastità dei regolamenti; dal primo protocollo ad oggi è cambiato tutto e di più e ogni volta è stato un ricominciare, cambiare e le persone chiedono informazioni vista la confusione che si percepisce… E qui, non voglio fare polemica, ma sottolineo come, qualsiasi protocollo sia stato fatto e aggiornato dalla Federazione, la responsabilità cade interamente sul presidente di una società sportiva. Un esempio: l’apertura degli spalti. La decisione di mettere un controllo al Green Pass, chiudere l’accesso, spetta comunque al presidente e, come agisci, sarai criticato. Personalmente ho scelto di tenere chiuso l’impianto sia durante le partite sia durante gli allenamenti; perché? Perché per un’associazione dilettantistica è insostenibile creare un vero e proprio sistema di controllo integrale. In tutto questo vendendo alla gestione dello spogliatoio, la situazione si complica; e questo è un altro aspetto delicato sotto due aspetti: il primo riguarda il contagio visto che lo spogliatoio è l’unico ambiente chiuso dove il rischio è maggiore; il secondo è legato alle difficoltà degli adolescenti di tornare a vivere lo spirito di squadra che si crea e nasce proprio dentro lo spogliatoio dove si vive prima e dopo una gara con tutte le emozioni che si generano”.
Angelo Nicolò, quanto e cosa ha imparato alla presidenza della Gladius Pescara?
“Sicuramente ho imparato la maggior parte delle cose legato all’essere presidente di un’associazione sportiva sia a livello gestionale sia a livello organizzativo; e non mi vergogno a dirlo, l’ho imparato sul campo e dietro la scrivania. La parte sportiva, sotto il profilo formativo è altresì cresciuta in maniera esponenziale grazie all’AC Milan, credo di essere cresciuto tanto sotto il profilo umano e lavorativo ma non mi fermo, ho tanta strada da fare e tanti aspetti, tipo questo momento storico, da cui si impara tanto ed è una grande fonte di esperienza. Altro aspetto importante di crescita è nella gestione delle risorse umane cioè le interazioni con i miei collaboratori, con lo staff e le famiglie: anche lì sono cresciuto, cambiato in quanto ho acquisto nuove competenze e senso di responsabilità. Ma c’è un ultimo, non per importanza, particolare che mi ha dato e mi sta dando tanto: lavorare in un quartiere difficile di Pescara come quello di Rancitelli. Interagire e gestire il mio lavoro in un ambiente di cui sei estraneo come estrazione culturale, dal 2014 a oggi mi ha dato una marcia in più, una crescita sotto tutti i punti di vista”.