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Tag Archives: turismo 2022

Valle dell’Aventino

L’Associazione Abruzzo Adventures si conferma sempre più leader per le attività sportive outdoor estive: anche per la stagione 2022 la Valle dell’Aventino è il regno ideale per tutti gli amanti del genere con il Torrentismo, l’E-Bike, il Rafting e il Side by Side.

Già nei primi giorni di apertura delle attività estive c’è stato un grande riscontro di presenze, in particolar modo di curiosi e sportivi provenienti dall’estero, quelli cioè che erano mancati nel 2021 a causa delle forti restrizioni covid.

“Lo scorso anno abbiamo ampliato l’offerta – sottolinea Domenico Rattenni, Presidente di Abruzzo Adventures – con l’inserimento del Side by Side. Abbiamo inoltre confermato ovviamente il Torrentismo che anche quest’estate ci sta dando grandi soddisfazioni e poi c’è anche il Rafting che, come ogni anno, sta incrementando sempre più le presenze. La gente ha tanta voglia di fare sport dopo il periodo difficile vissuto a causa della pandemia”.

Il Side by Side è un’attività che sta riscontrando grande successo: per chi ama vivere ad alta intensità, provare il brivido di un’esperienza a contatto con la natura, per chi l’avventura la vive senza alcun freno è la scelta giusta. Su macchine buggy 4×4 si fa un’escursione di circa 20 km partendo dal centro di Palena a 800 mt e arrivando ad un rifugio a 1400 mt dove si può ammirare un paesaggio mozzafiato con la valle dell’Aventino e tutta la Majella orientale, ma anche il mare. Il percorso dura circa un’ora e mezza con sosta.

Il Rafting è uno degli sport acquatici più in voga già da qualche anno. Ha un forte impatto emozionale visto che si scendono fiumi o torrenti a bordo di un gommone.

È diffuso in particolare nel territorio alpino. Abruzzo Rafting ed ora Abruzzo Adventures lo hanno portato al successo nella Valle dell’Aventino tra i comuni di Lama dei Peligni e Civitella Messer Raimondo.

La discesa in gommone avviene lungo il Fiume Aventino tra rocce e rapide in un percorso di circa 4,5 km che parte con l’imbarco a Lama dei Peligni (fraz. Piani Marini) trascorrendo circa un’ora in acqua con sbarco a Civitella Messer Raimondo.

L’età dei partecipanti va da un minimo di sei anni a salire. Viene fornito un equipaggiamento che comprende una muta, oltre che un giubbotto salvagente e caschetto.

Il Torrentismo, ormai una realtà bellissima del territorio, anno dopo anno registra una grande affluenza di ragazzi curiosi di essere a contatto con la bellezza di un territorio meraviglioso come quello dove scorre il Fiume Aventino.

Portato anni fa a Palena da un’intuizione di Domenico Rattenni e Luca Di Cino di Abruzzo Adventures, vogliosi di valorizzare ancor di più la bellezza del paese,  è uno sport outdoor praticato tra giugno e fine ottobre a corpo libero saltando cascate e nuotando nelle pozze alla ricerca di adrenalina.

Il percorso si svolge in un tratto di un 1 km nel Fiume Aventino nel comune di Palena. L’organizzazione fornisce ai partecipanti, che vanno da un’età di 12 fino ai 55 anni , la muta integrale, giubbotto salvagente, caschetto e calzari termici.

I partecipanti devono essere forniti di scarpe da ginnastica o da trekking, un costume, una maglietta intima da indossare sotto la muta e un ricambio per fare la doccia alla fine del percorso.

L’E- Bike è una bicicletta elettrica a pedalata assistita  dotata di un cambio meccanico che permette di regolare la velocità e lo sforzo della pedalata stessa.

Abruzzo Adventures dà la possibilità di noleggiare le biciclette e le escursioni possono essere sia guidate che a noleggio. Il percorso si snoda lungo una zona molto panoramica di Palena: c’è una vista meravigliosa che permette di ammirare un panorama stupendo, dalla Majella fino al mare. I partecipanti vanno da un’età di 14 anni a salire.

Sono previste anche altre attività come escursioni trekking, a cavallo che possono essere trovate sul sito di Abruzzo Adventures.

by Redazione
Roccacerro

Roccacerro (Aq) 1.170 metri sopra il livello del mare, una frazione del comune di Tagliacozzo da cui dista solo 4 chilometri. Sita alle pendici del monte Bove, domina la sottostante piana dell’Ara dei Pali, fondamentale luogo di passaggio della Marsica occidentale.

Distese di boschi di querce e di castagne e profili di dolci montagne cingono il pittoresco centro: le telecamere Rai con Sem Cipriani si sono spinte fin qui insieme allo scrittore Peppe Millanta per una nuova puntata della rubrica a cura di Paolo Pacitti,“Quota Mille”.

Nel Medioevo il centro era noto come Rocca Cerri, e si sviluppò tutto intorno al centro fortificato, posto nella parte più alta del paese a guardia del passaggio sottostante.

Da non perdere è la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, edificata nel ‘700 su quello che rimaneva dell’antica rocca e della sua torre-cintata, che fu trasformata in campanile, acquisendo così il suo profilo caratteristico.

A causa della sua posizione strategica lungo la via Tiburtina Valeria, Roccacerro fu bombardata nel ’44 dagli alleati, per isolare le contraeree naziste presenti.

Sfortuna volle che il bombardamento avvenne proprio di domenica, nell’orario di uscita dalla messa, e una bomba cadde al centro della piazza. Fu una strage. L’episodio è ricordato da una targa ed ogni anno si svolge una commemorazione.

“E proprio a Roccacerro – spiega Millanta – è stata scattata una fotografia che nasconde una storia. Fu realizzata in una fredda giornata d’inverno di quasi 100 anni fa, dopo una nevicata che aveva ammantato tutto il paesaggio: sono però ben visibili il monte Bove sullo sfondo e il profilo del paese, con il campanile al centro. A realizzarla fu Thomas Ashby, un archeologo britannico e un vero pioniere nello studio della nostra regione. Ashby, venuto per la prima volta in Abruzzo per studiare il sito dell’antica Carsioli, si innamorò così tanto dei luoghi da tornarvi più volte tra il 1901 e il 1923. Lo fece per preservare i volti, gli usi e i costumi locali, avendo intuito che quel mondo stava per scomparire, inghiottito per sempre dalla modernità”.

“Bisogna fare di tutto per raccogliere quello che inesorabilmente sta scomparendo”, diceva. E compì allora un’operazione a quel tempo poco diffusa: produsse un corpus fotografico, oggi divenuto di fondamentale importanza, il cui valore non è dato tanto dalla perizia tecnica, spesso amatoriale, ma dalla singolarità degli eventi fotografati.

La riscoperta di questo corpus e di questo personaggio è avvenuta soltanto alcuni anni fa, e continua ancora oggi, con la stessa forza, a raccontare di un tempo che fu.

Il viaggio tra i borghi d’Abruzzo continua su Buongiorno Regione; novità, curiosità e qualche piccola anticipazione sono sulla pagina Facebook  https://www.facebook.com/peppemillanta, dov’è possibile saperne di più anche sulla puntata dedicata a Roccacerro.

 

by Redazione
crognaleto

Crognaleto (Te) 1.105 metri sopra il livello del mare: le telecamere Rai con Sem Cipriani insieme allo scrittore Peppe Millanta visitano una delle 21 frazioni dell’omonimo comune per la rubrica a cura di Paolo Pacitti,“Quota Mille”.

Crognaleto è situato nella parte più alta della montagna teramana, tra il Gran Sasso e il Monte Gorzano. Si trova su di un elevato altopiano ricco di pascoli, di boschi e di scroscianti acque, all’interno del Parco del Gran Sasso e dei Monti della Laga.

Il nome deriva dal termine dialettale ‘crognale’, che significa corniolo, un albero da frutto spontaneo che abbondava in zona.

La storia di questo grande territorio è antichissima e di grande prestigio: sono infatti presenti tracce umane del neolitico, e molti degli insediamenti risalgono all’epoca pre-romana. Il periodo più florido si ebbe però nel medioevo, quando tutta l’area passò sotto gli Acquaviva di Atri, interessati alla posizione strategica del territorio, passaggio all’epoca obbligato che univa l’Aquila e Teramo.

C’è un santuario dal nome curioso a Crognaleto: la Madonna della Tibia.

Si tratta di una suggestiva chiesetta rupestre posta ai piedi di uno sperone di roccia. Fu edificata nel 1617 come ci racconta l’epigrafe presente al centro della facciata, firmata da un certo Berardino Paolini.

Come spiega Millanta: “Un’antica leggenda popolare lega il culto proprio a questo personaggio. Si tratterebbe di un mercante di Amatrice, che sarebbe precipitato proprio qui con tutto il suo carico in un burrone. Terrorizzato, avrebbe allora invocato la Madonna, cavandosela con la sola frattura della tibia e salvando il carico. Per la grazia ricevuta, avrebbe quindi fatto edificare questa chiesetta. Leggenda appunto. In realtà il nome deriva da Tibbla, un insediamento presente qui vicino, e Berardino Paolini non era altri che il parroco di Crognaleto, che fece edificare la chiesetta per traslarvi un’icona mariana, oggi ospitata in un’altra chiesa”.

Resta comunque intatto il fascino di questo luogo, un tempo luogo di passaggio: ecco perché alla chiesetta fu annessa una locanda, per il ristoro dei viandanti e il riposo dei pellegrini.

Il viaggio tra i borghi d’Abruzzo continua su Buongiorno Regione; novità, curiosità e qualche piccola anticipazione sono sulla pagina Facebook  https://www.facebook.com/peppemillanta, dov’è possibile saperne di più anche sulla puntata dedicata a Crognaleto.

by Redazione
mascioni

Mascioni (Aq) 1.329 metri sul livello del mare, frazione del comune di Campotosto: offre un suggestivo paesaggio incontaminato, immerso nella più assoluta tranquillità.

Il centro è situato nel Parco del Gran Sasso ed è scelto ogni anno da numerosi turisti che ne apprezzano la posizione e i panorami.

Una leggenda racconta che legato a questi luoghi fosse Ettore Fieramosca, il leggendario condottiero della Disfida di Barletta, che nel 1503 vide fronteggiarsi 13 cavalieri italiani e 13 cavalieri francesi in uno scontro per l’onore.

Il confronto finì con l’insperata vittoria degli italiani, e l’evento divenne l’emblema del patriottismo e fu riutilizzato più volte nel tempo: durante il risorgimento, grazie al romanzo di Massimo D’Azeglio, e durante il fascismo, con la trasposizione cinematografica a cura di Alessandro Blasetti.

“Legata a questa leggenda ce n’è un’altra sul nome di Mascioni”-spiega lo scrittore abruzzese Peppe Millanta che, insieme a Sem Cipriani e le telecamere Rai, ha raggiunto questa caratteristica frazione per una nuova puntata della rubrica a cura di Paolo Pacitti, Quota Mille.

“Questa leggenda – prosegue – racconta che quando Ettore Fieramosca partì per la disfida, i nemici ne approfittarono per distruggerne il paese, costringendo gli abitanti superstiti a “rammascionarsi”, cioè a unirsi insieme. Da cui il nome di Mascioni. Sono entrambe leggende, è ovvio. Ma sicuramente hanno plasmato e hanno tanto da raccontarci di un luogo e dei suoi abitanti”.

Mascioni è posta sul meraviglioso lago di Campotosto, il più grande lago artificiale d’Italia e il secondo in Europa, con la sua caratteristica forma a Y.

Si trova a più di 1300 metri d’altezza, ha una superficie di 1400 ettari e raggiunge una profondità massima di 35 metri. Un tempo, dove ora c’è l’acqua, c’era una conca coltivata e utilizzata per il pascolo, fino a quando non fu sfruttata per realizzare energia elettrica.

I lavori per la costruzione delle dighe iniziarono nel 1939, e oggi il lago di Campotosto, sfruttando un dislivello di quasi 300 metri, alimenta gli impianti idroelettrici della Valle del Vomano. Ma soprattutto, ospita un’area naturale protetta dedicata al popolamento animale.

L’ecosistema della Riserva infatti è favorevole alla avifauna, ed è diventata una sorta di grande pista d’atterraggio per gli uccelli migratori che seguono per i loro spostamenti la dorsale montuosa: un luogo franco per numerose specie di uccelli rari in Abruzzo come la gru e l’oca selvatica, che compiono ogni anno centinaia di chilometri trovando qui ristoro.

Come sottolinea Millanta: “Quello che colpisce è il panorama unico. Ogni anno il lago è meta di migliaia di turisti che vengono a rifugiarsi qui, in questa oasi di azzurro e di verde. D’inverno poi, la vista del lago ghiacciato offre uno spettacolo assolutamente incredibile”.

by Redazione
Scuola Macondo

Simona Baldelli sarà la protagonista del prossimo incontro previsto per venerdì 25 alle ore 19 con il Gruppo di Lettura della Scuola Macondo – l’Officina delle Storie di Pescara, scuola fondata e diretta dallo scrittore abruzzese Peppe Millanta.

Finalista del Premio Calvino 2012 e vincitrice del Premio John Fante Opera Prima 2013, la storia di Evelina e le fate (Ed. Giunti) ha davvero tanto da insegnare proprio come sottolinea la Baldelli:

Sono convinta che le storie, in tutte le loro declinazioni, siano l’unico, valido antidoto alla solitudine, la paura, la stupidità. E, quando occorre, aiuto a trovare nichelini, di cui un narratore dovrebbe avere le tasche piene, per nutrire le proprie storie.

La narrazione si apre con una scena memorabile, l’arrivo degli sfollati: a Evelina pare che dalla neve stiano uscendo le anime dei morti. La bambina vede due fate: la Nera, dai tratti cupi, e la Scepa, la fata allegra, colorata, con una veste a fiori, che ride sempre.

Nei dintorni del casolare girano i partigiani: il loro capo, il Toscano, ottiene dal padre di Evelina, che con loro simpatizza, del cibo. Evelina e i suoi fratelli Sergio e Maria trovano il cadavere di un tedesco ammazzato dai partigiani: la Nera li fa scappare in tempo, e li spinge a nascondersi, pochi attimi prima dell’arrivo dei tedeschi.

In un succedersi incalzante di colpi di scena, sulle colline attraversate dalla linea gotica alle spalle di Pesaro, in attesa dell’arrivo degli Alleati, trascorre l’ultimo anno della Seconda guerra mondiale filtrato dallo sguardo magico dell’infanzia, e travolge tutta la famiglia di Evelina, padre e madre molto malata, i fratelli, e il segreto di una bambina ebrea nascosta sotto una botola dentro la stalla.

Realtà e magia si mescolano e si intrecciano, facendo rivivere il mondo contadino e quello delle fiabe, l’intrico complesso della guerra civile e di quella mondiale.

Lo stile asciutto, arricchito di elementi dialettali, rende il racconto più reale: parole magiche, parole amuleti, filastrocche, che aprono la porta al sogno o alla profezia. E alla comprensione possibile di quello che accade.

L’evento si terrà su zoom pertanto è possibile contattare il numero 3703525381 o scrivere a scuolamacondo@gmail.com per ricevere il link.

Quota Mille

Pietransieri, 1.359 metri sopra il livello del mare, frazione del comune di Roccaraso (Aq) situata poco al di fuori dell’area dei grandi Altopiani: oggi è un importante centro turistico che domina la valle del Sangro grazie anche alla presenza degli impianti da sci dell’Aremogna, delle splendide vedute e delle interessanti passeggiate.

Il borgo sorse nel 975 d.C., e il nome Petra rivela la sua origine longobarda, mentre Ansieri era il nome probabilmente del fondatore; di quello che c’era purtroppo non è rimasto più nulla, perché il paese fu totalmente raso al suolo durante la seconda guerra mondiale, e il suo nome è oggi tragicamente legato a quegli eventi.

Ma perché la furia della guerra si accanì proprio su questo piccolo paese, così lontano dai centri di potere?” si chiede lo scrittore Peppe Millanta che, insieme a Sem Cipriani e le telecamere Rai, ha raggiunto questa frazione per una nuova puntata della rubrica a cura di Paolo Pacitti,“Quota Mille”, andata in onda proprio in occasione della “Settimana della Memoria”.

“Perché qui – risponde Millanta – nel ’43 decisero di trincerarsi i tedeschi per resistere agli attacchi alleati, sfruttando i confini naturali del territorio come le montagne e il vicino fiume Sangro. Istituirono perciò la Linea Gustav, che portò la guerra lì dove nessuno pensava che sarebbe mai arrivata. La guerra arrivò anche sulle montagne abruzzesi, e lasciò il suo segno. Pietransieri fu uno dei paesi più colpiti, ma fu capace di reinventarsi grazie al turismo. I tedeschi non si limitarono a distruggere il paese: Pietransieri infatti fu teatro dell’Eccidio di Limmari, uno dei più brutali del conflitto. In questo bosco nel ’43 furono uccisi 128 civili, di cui 60 donne, 34 bambini sotto i dieci anni e un bimbo di un mese. I tedeschi arrivarono qui già agli inizi di novembre, requisendo bestiame e alimenti, fino a quando non diedero l’ordine di evacuazione e minarono il paese, distruggendolo. Alcuni abitanti però – prosegue Millanta – non vollero allontanarsi e si ritirarono qui, in queste masserie. La mattina del 21 novembre però, probabilmente per paura che potessero aiutare i partigiani, i tedeschi iniziarono a rastrellarli. Fu una carneficina. Gli abitanti furono fucilati e i loro corpi addirittura distrutti con granate. Ci fu una sola sopravvissuta, una bambina, che si nascose sotto il cadavere della madre”.

Oggi quei martiri riposano nel Sacrario, che viene raggiunto ogni anno da una processione notturna che attraversa il bosco di Limmari e ripercorre i luoghi della tragedia.

Oggi Pietransieri è un luogo della memoria, insignito della medaglia d’oro al valore militare, dove è possibile toccare con mano l’orrore di uno dei periodi più difficili della storia moderna.

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by Redazione
Rocca di Cambio

Rocca di Cambio (L’Aquila), 1.434 metri sul livello del mare; è il comune più alto di tutto l’Appennino che le telecamere Rai con Sem Cipriani hanno osservato insieme allo scrittore Peppe Millanta per una nuova puntata della rubrica a cura di Paolo Pacitti, Quota Mille.

Rocca di Cambio è un affermato centro turistico per gli sport invernali, grazie alla vicina stazione sciistica di Campo Felice. Si trova nella parte settentrionale dell’Altopiano delle Rocche, all’interno del Parco Naturale Regionale Sirente-Velino, immersa in una natura ancora selvaggia.

Non c’è certezza sull’origine del nome. Per alcuni deriva dal Monte Cagno, alle cui pendici sorge il centro, poi cambiato in Cambio. Per altri invece dal fatto che il borgo fu “scambiato” da un signorotto con il Castello di Secinaro, che era più vicino ai propri possedimenti. Per altri ancora, perché qui si trovava una stazione per il cambio dei cavalli.

“Per alcuni mesi del 1952, però, assunse un nome diverso: Montenara- spiega Millanta– Si tratta del luogo di fantasia dove fu esiliato il Don Camillo di Giovannino Guareschi. Il film Il Ritorno di Don Camillo, con Gino Cervi e Fernandel, fu girato infatti proprio qui. A ricordarcelo questa targa. E nel comune di Rocca di Cambio sorge l’Abbazia di Santa Lucia. Fu innalzata nel XII secolo, e dal di fuori appare abbastanza sobria; nulla lascerebbe presagire la meraviglia che contiene: un ciclo di affreschi incredibile della metà del XIV secolo, con scene tratte dal Nuovo. Testamento ma a cogliere subito l’attenzione è la meravigliosa Ultima Cena. Tutti gli apostoli hanno lo sguardo rivolto verso il Cristo, a capotavola, e ognuno è indicato per nome. Ma scorrendo però si nota subito che mancano Giuda Taddeo e Giuda Iscariota, sostituiti da Barnaba e da San Paolo, che nella narrazione biblica arriveranno solo successivamente”.

E’ solo un’ipotesi ma come prosegue Millanta:

Il povero Giuda Taddeo, pur essendo innocente, probabilmente pagò lo scotto di avere un nome troppo simile a quello del traditore, e fu sostituito con qualcun altro di più presentabile. Per quanto riguarda Giuda Iscariota, invece, la situazione è più complessa. Un’’Ultima Cena’ senza di lui infatti sarebbe un unicum assoluto. Vicino a Gesù però si vede una lacuna, la cui forma richiama il profilo di una figura di cui si intuisce un pezzo di abito rosso. Probabilmente Giuda Iscariota era posizionato lì, al di quà della mensa come si era soliti fare al tempo, e di dimensioni molto più piccole rispetto agli altri visto che veniva seguito un codice gerarchico proporzionale.

Non era strano nel Medioevo che alcune icone particolarmente odiate venissero sfregiate o cancellate. Se così fosse, però, ci sarebbe comunque un’Ultima Cena sui generis, formata da tredici apostoli più Gesù. La risposta non la si conosce, ma quel che è certo è che si tratta di uno scrigno ancora tutto da scoprire.

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by Redazione